giovedì 9 agosto 2018

9 agosto 2015

Una riflessione sul papa' neozelandese che si è fatto tatuare l impianto di sua figlia sulla testa, articolo che sta girando ovunque. Nessuno pensa che possa essere anche il modo di superare il trauma della disabilità di un figlio.Il voler tentare di provare com'è essere lui/lei nutrendo quel senso di colpa di non essere stati in grado di proteggerli dalle malattie, dalla diversità... Per un attimo spostiamo il focus sui genitori. Su quanto sia drammatico ricevere un pezzo di carta che dica che da li non si torna più indietro. Quella diagnosi non è una influenza che prima o poi passa. è qualcosa di stabile fisso e duraturo che accompagnerà la sua vita ed anche la tua.Che tuo figlio sarà "misurato" in decibel e non in quanto sia un bambino felice. Che vivrai ogni test con l ansia del "ha recuperato?" "si è avvicinato all età anagrafica?".
 Si infileranno nella tua vita e giudicheranno il rapporto con lui/lei figure che neanche sapevi esistessero. Ti scontrerai con la grettezza, l ignoranza, la maldicenza, i soldi che non bastano mai, i burocrati senza coscienza. E sarai li a pensare prima ancora del vestito bello per la festa alle pile che lo/la fanno funzionare. Alle strategie per spiegare concetti astratti. E scoppierai a ridere dal pediatra ascoltando gli altri genitori che si lamentano del catarro mentre tuo figlio/tua figlia sta scalando l Everest. E ti scenderanno le lacrime per la rabbia e per la gioia davanti a tutti senza che nessuno no proprio nessuno possa essere cosciente di quel cammino... E te ne fregherai quando l anziano di turno dirà "lo faccia stare zitto perché disturba" pensando che no, tu non vuoi che stia zitto mai...perché oltre che sordo sarebbe stato anche muto se non avessi rischiato e creduto in lui, in un futuro senza interpreti. Più faticoso più duro... Ma suo.... Grazie impianto! Grazie