sabato 18 maggio 2019

A me, quando ho scoperto la sordità di mia figlia avrei voluto sentire....

Cara me,

Se la macchina del tempo mi riportasse indietro ti direi:

1) Tua figlia è tua figlia, la diagnosi resta la diagnosi, ricordatelo sempre.

2) Non è automatico che chi ci sia passato sappia come ti senti, setaccia bene la farina prima di preparare un dolce.

3) Puoi non avere una laurea per ogni problema che affronterai, ma le prime diagnosi sono le tue, se qualcosa ti sembra non vada come deve andare allora vuol dire che non va. Un bimbo nasce per sorridere ed essere felice, non esistono duenni o treenni che "hanno un brutto caratterino" o che si divertono a fare disperare mamma e papà. I motivi possibili di un comportamento ripetuto (rifiuto il dispositivo, piango ininterrottamente) possono essere:

un guasto, controlla cavetto ed antenna.

una mappa, insisti. Una mappa con una stimolazione non corretta oltre a ritardare o vanificare il percorso di apprendimento del linguaggio può fare davvero star male.

Essere ammalati, raffreddati, aver male ai denti o da qualunque altra parte.

4) costruisci un team multidisciplinare. Il centro impianti è la centrale di comando, gli altri membri eseguono il programma implementando. Neuropsichiatra, logopedista, scuola, musicoterapia, psicomotricità si devono parlare. Per capire qual è la difficoltà momentanea da affrontare, il problema deve essere vagliato sotto tutti gli aspetti. Eventualmente anche un avvocato può tornare utile

5) Hai ottenuto le leggi che ti spettavano? Leggile bene più volte. Scaricatele e leggile. Hai un diritto solo se sai dove trovarlo, non per sentito dire. L' Italia dal punto di vista legislativo è uguale da Nord a Sud, isole comprese! Se hai letto bene quelle leggi, stampale e fai in modo di fartele applicare.

6) Chi lavora con te deve essere iscritto all'albo dei professionisti di riferimento. Avere un titolo non basta, ne sei responsabile anche tu.

7) È inevitabile che la disabilità del proprio figlio faccia soffrire, è umano. Diffida da chi racconta di aver superato. Ci si convive benissimo, ma è tuo figlio non quello di un altro

8) Vai a scuola, parla serenamente con le altre mamme, prenditi un caffè, vai al parco e pranza con loro. Avere tessuto sociale fa bene a entrambe, abbatte pregiudizi e genera inclusione

9) Abbiamo danzato nella tempesta, ognuno con il proprio modo, con i propri tempi. Non esiste un genitore migliore di un altro, ci sono casi e casi e casi e casi e casi. A volte si confonde il voler far del bene con il senso di rivalsa. Un figlio a mio avviso non è un trofeo da dare in pasto ai social. Se la legge ha condannato madri di bambini normodotati, ricordati che un bambino con disabilità è ancora più tutelato e che il web è un posto pericoloso. Penso che l' eccessiva esposizione ai social di ciò che il proprio figlio sa fare, più che un aiuto al prossimo possa essere sintomo di un disagio del genitore, che va aiutato. Il team riabilitativo in questo può essere un primo strumento di valutazione ed aiuto. I post pubblici sono visibili a tutti e non tutti sono in grado di comprendere la fatica ed il lavoro dietro quei risultati, teniamolo presente quando chiediamo dei diritti

10) Ogni tanto un po' di sana diffidenza. Ogni singolo individuo è una perla e le perle non sono proprio per tutti. Dietro alla disabilità ci sono mercato ed interessi che vanno ben oltre il buonsenso e il voler essere d'aiuto.