sabato 18 novembre 2017

Come funziona?

Per anni ho messo nello zaino qualunque cosa si potesse condividere: caramelle, giochi di ogni tipo, pizzette, frutta, dolcetti vari, facendo attenzione ai gusti e alle necessità alimentari di tutti. "Questo è per xxx che non può mangiare yyy, questo è per yyy e questi li distribuisci ai tuoi compagni a merenda, con questi ci giocate all'intervallo".
Giovedì una mamma della nostra classe, pensando ad una bimba appena operata, mi ferma, mi chiede se ho notizie... E poi.. " mi ricordo, Stefania, i primi giorni della prima elementare, la festa di compleanno del mio M., avevi una faccia tesissima ma sorridente.. Mi dicesti:- è la prima volta che la lascio da sola ad una festa- se non me lo avessi detto non me ne sarei mai accorta".
Quanto abbiamo lavorato per questa "normalità" pochi possono immaginare.
Quanta fatica per me verbalizzare il significato di no, cambiare la modalità di un banale rimprovero, imparare a comprendere la differenza tra un capriccio e una necessità che non era in grado di esprimere.
L'esposizione a: " il tuo comportamento mi rende triste perché.... Il tuo comportamento mi fa arrabbiare perché tu sai che... Il tuo comportamento mi rende felice, orgogliosa, fiera perché " ha cambiato il mio modo di fare il genitore. Mi rendo conto ora che ci siamo aggrappati al dialogo e tutte le reazioni e i nostri sentimenti vengono verbalizzati e motivati anche con l'altra figlia.
Alle mie figlie racconto serenamente le mie preoccupazioni, o le amicizie a cui mi sento legata e perché, o anche soprattutto con la figlia più grande, gli episodi tristi.
Parlo delle difficoltà e dei successi, nella speranza che comprendano che essere adulti non vuol dire essere indenni, essere invincibili, non avere dubbi e fragilità. Essere adulti vuol dire doversi confrontare, affrontare spesso entrando a casa e sorridendo proprio per loro.
Guardando Gaia, quanto affetto c'è nei suoi confronti, mi rendo conto che questa inclusione ce la siamo sudata, ce la siamo costruita. E uso il "siamo" perché l'impegno non è stato solo della bimba, ma in ogni nostro comportamento: andare al cinema, ad ogni compleanno, come fosse una terapia, stare in mezzo agli altri senza nascondersi, senza evitare domande ci siamo stati noi, l'abbiamo voluto e l'abbiamo cercato nonostante gli impegni e la stanchezza.
Tutti abbiamo affrontato la sordità, l'abbiamo sfidata e l'abbiamo vinta.
E cosa vedo ora?
Vedo che la disabilità viene fuori solo con le persone che teniamo distanti.
La differenza la facciamo noi. Alternativa non c'è.
Siamo noi che ci mettiamo in gioco ogni momento, come genitori e come individui.
Il metodo, la ricetta giusta non credo esistano.
So solo che il più grande dono che abbiamo è la capacità di esprimerci.
Facciamolo nel modo giusto.

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