sabato 20 gennaio 2018

E se a chiedertelo fosse tuo figlio/a?

In fatto di colazione ognuno ha le sue abitudini e quando c'è la mamma, g. vuole "il premio" la merenda dal panificio. In cinque anni, per questioni "logistiche" ne abbiamo cambiati tre. È un tipo abitudinario come tutti i bambini, preciso e puntuale. Scendiamo da casa, ci dirigiamo verso il nostro "premio" cantando "mi fa volare" (non ci posso fare niente, sa chi è Gianni Morandi solo perché ha fatto il video con Rovazzi), le consegno la moneta per pagare e siamo d'accordo con la nostra meravigliosa dada Linda che il resto lo calcola G. Probabilmente qualcuno che ci aveva già visto, chissà, una donna in una vecchia Opel, la fissa con insistenza. Non do peso, ma G. se ne accorge: perché quella signora mi guardava? Stamattina mi sono lavata bene la faccia e sono tutta profumata... Eh! E che rispondo? Mah! La curiosità, anche se a volte è meglio una domanda che fare sentire a disagio qualcuno fissandolo. Vallo a spiegare, eppure è l'orario della scuola e dei genitori.
Mi sono inventata lo "starà ammirando il colore della tua giacca e il rosa bellissimo della tua berretta, probabilmente ne desidera una così anche lei!".
Sono bambini, ai bambini si sorride e basta, mi rattrista anche solo che si sia sentita non a suo agio e si sia domandata cosa non andasse bene.
Le mamme che lavorano sono un po' come gli acrobati, in equilibrio sul filo delle necessità di tutti passando dal " mamma oggi ho il dizionario di latino, aspettami alla capannina della frutta, scendo dall'autobus e arrivo", al "mamma dopo terapia andiamo a fare una cosa bella io e te?". E di quel tempo con loro che corre e ci sfugge dalle mani, ne ho tanto bisogno anche io come l'aria.
Poi dopo il premio, c'è che andiamo a vedere le bancarelle (quando ci sono) del pavaglione, aspettiamo il compagno, andiamo a prendere lo zaino, ecc ecc.



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